Il portavoce della Commissione europea per l'ambiente Adalbert Jahnz spiega la strategia europea per la creazione di una filiera basata sull’economia circolare. Accordo Onu sull’inquinamento da plastiche, Plastic Tax, Direttiva SUP e tanti altri argomenti ancora in questa intervista.
L’Unione europea, attraverso i suoi organismi, è la principale fonte legislativa in tema di materie plastiche e di ambiente. La Direttiva SUP e la Plastic Tax europea ne sono un esempio che coinvolge direttamente le aziende del settore. Il Green Deal riassume questa strategia volta a raggiungere l’obiettivo “zero emissioni”.
In questa intervista Adalbert Jahnz, portavoce della Commissione europea per l’ambiente, spiega perché.
Quali sono i principi e gli obiettivi che guidano l’azione politica della Commissione Europea in tema di materie plastiche e ambiente?
Le materie plastiche sono un materiale conveniente, utile e prezioso, tuttavia il modo in cui le usiamo dà luogo a incredibili sprechi. Si tratta di un serio problema di portata pubblica, in quanto rappresenta una grave minaccia per la biodiversità e per la nostra economia. Nel corso del tempo vi sono stati dei progressi e questo complesso settore oggi è più sostenibile e circolare rispetto a prima. Tuttavia, in Europa nel 2021 solo il 14% dei rifiuti di plastica è stato riciclato, mentre il resto è finito negli inceneritori con recupero energetico, smaltito in discarica, esportato o disperso nell’ambiente.
Per risolvere questo problema non abbiamo una bacchetta magica, bensì una combinazione di misure. La strategia dell’UE per la plastica in un’economia circolare ha gettato le basi per le materie plastiche del futuro attraverso misure volte a migliorare l’economia e la qualità del riciclo della plastica, a ridurre i rifiuti di plastica e la loro dispersione nell’ambiente, a promuovere l’innovazione e gli investimenti verso soluzioni circolari e a orientare le azioni a livello globale.
L’obiettivo generale è una filiera della plastica in cui il design e la produzione contribuiscono al riutilizzo, alla riparazione e al riciclaggio, una filiera che porti crescita e occupazione in Europa e contribuisca a ridurre le emissioni di gas a effetto serra dei paesi UE e la dipendenza dai combustibili fossili importati. Ora più che mai dobbiamo ridurre questa dipendenza e andare avanti con la nostra ambizione, esplicitata nel Green Deal, di raggiungere le emissioni nette zero.
Come intendete muovervi sul problema delle microplastiche disperse in ambiente?
La Commissione europea riconosce che le microplastiche sono diffuse nell’ambiente, e sono causa di crescente preoccupazione. Attualmente stiamo lavorando a un’iniziativa per contrastare la loro presenza nell’ambiente. Nel febbraio 2022, abbiamo lanciato una consultazione pubblica sul modo migliore per ridurre la presenza di microplastiche rilasciate involontariamente nell’ambiente.
Per quanto riguarda invece le microplastiche aggiunte intenzionalmente ai prodotti (ad esempio i cosmetici), si applicherà una restrizione a livello dell’UE. La questione delle microplastiche aggiunte intenzionalmente ai prodotti viene nel contempo affrontata nell’ambito di Reach, il regolamento sulle sostanze chimiche, nel quale proporremo di vietare la maggior parte di queste microplastiche aggiunte.
Qual è il suo pensiero sui risultati dell’assemblea UNEP-5 di Nairobi dello scorso marzo? Ritiene che sia possibile giungere a un accordo globale sull’inquinamento da plastiche?
Il problema dell’inquinamento da plastica è fonte di grande preoccupazione per l’UE, ma non è qualcosa che l’UE, o chiunque altro, può affrontare da sola. Accogliamo con favore l’esito della quinta sessione dell’UNEA, che avvia il confronto verso un nuovo accordo globale sull’inquinamento da plastica in tutti gli ambienti. Si tratta di un passo molto positivo nella direzione su cui stiamo lavorando da tempo.
Un aspetto importante del mandato del comitato negoziale intergovernativo è che il nuovo accordo dovrebbe affrontare l’inquinamento da plastica mediante azioni a livello sia di design e produzione (“a monte”) sia dell’uso o smaltimento (“a valle”). Questo è un aspetto importante per l’UE e rimaniamo ottimisti sul raggiungimento di un accordo globale sulla plastica. Siamo pronti ad avviare i negoziati e attendiamo con impazienza la riunione preparatoria che si svolgerà a Dakar tra fine maggio e inizio giugno.
Obiettivo del futuro accordo sarà quello di colmare le lacune esistenti nelle iniziative e negli accordi attuali, in particolare nelle fasi di design e produzione del ciclo di vita delle materie plastiche. In questa sede si dovrebbero riunire tutte le parti interessate per conseguire l’obiettivo generale di eliminare l’immissione di plastica nell’ambiente.
Molti Paesi europei, tra cui l’Italia, stanno introducendo una Plastic Tax sugli imballaggi plastici prodotti con plastiche non riciclate. Ritiene che la tassazione sia uno strumento utile?
Come ulteriore incentivo per il riciclo, la Commissione ha proposto che i contributi nazionali al bilancio dell’UE siano in parte basati sulla quantità dei rifiuti da imballaggi di plastica non riciclati prodotti in ciascuno Stato membro. Questa proposta è stata recepita nel bilancio dell’UE concordato ed è entrata in vigore all’inizio del 2021. Anche qui il messaggio è chiaro. Più l’industria ricicla, minori saranno i contributi nazionali.
Spetta agli Stati membri decidere come intendono attuare questa misura. L’Italia ha scelto di introdurre una tassa. Si può prevedere che ciò contribuirà ad aumentare il riciclo e la quota di materiali riciclati negli imballaggi.
La direttiva SUP che vieta l’utilizzo di alcuni articoli monouso in materiale plastico non fa differenza tra plastiche di origine petrolchimica e bioplastiche. Quali sono i presupposti di questa impostazione?
La direttiva SUP in effetti non esclude le materie plastiche biologiche, biodegradabili e compostabili. Il motivo della mancata esclusione di queste materie plastiche è che attualmente non esistono norme tecniche ampiamente condivise in grado di certificare che uno specifico prodotto di plastica si biodegrada correttamente nell’ambiente marino e, se disperso, si biodegrada in un lasso di tempo abbastanza breve da non causare danni all’ambiente. Inoltre, la direttiva SUP mira anche a promuovere modelli di business alternativi, concentrandosi sulla riduzione dei rifiuti e sul riutilizzo, piuttosto che su modelli monouso, allo scopo di realizzare un’economia circolare.
Con l’avanzare della scienza, faremo una valutazione dei progressi compiuti in tema di biodegradabilità nell’ambiente marino, al fine di garantire la biodegradazione in un lasso di tempo abbastanza breve da non creare danni alla vita marina e da non portare ad un accumulo di plastica nell’ambiente.
Le materie plastiche biologiche, biodegradabili e compostabili possono portare vantaggi rispetto alle plastiche convenzionali ma anche delle sfide: una plastica definita biologica, biodegradabile o compostabile non è necessariamente migliore del suo equivalente convenzionale. Va inoltre notato che il termine “bioplastica” è generico e non è chiaro se si riferisca alla natura biologica della plastica, alla sua biodegradabilità o compostabilità, o a entrambi. Né fornisce informazioni sulla sua effettiva sostenibilità ambientale.
Quali sono i rapporti della Commissione europea con le associazioni industriali che riuniscono le aziende del settore delle materie plastiche?
Nel quadro delle sue attività, conformemente alle “Better Regulation Guidelines”, la Commissione europea consulta tutte le parti interessate. Pertanto, vengono consultati anche i rappresentanti dell’industria europea delle materie plastiche, sia a livello europeo che nazionale, includendo tutti i diversi attori di questa complessa catena del valore.
L’industria delle materie plastiche europea esprime forte preoccupazione per provvedimenti di legge europei che ritiene ne mettano a rischio l’esistenza. È a suo avviso un timore giustificato?
Dai nostri contatti con l’industria europea delle materie plastiche, sentiamo che condivide la necessità di passare a un’economia della plastica circolare, climaticamente neutra e a inquinamento zero, e che ha già intrapreso molte azioni in questa direzione. Un esempio da questo punto di vista è l’impegno verso un maggior contenuto di materiale di riciclo nei nuovi prodotti espresso in seno a Circular Plastics Alliance. Detto questo, è necessario ancora più impegno, dato che, come evidenziato nel piano d’azione per l’economia circolare, la plastica rappresenta una catena del valore che ha ancora in serbo un grande potenziale di circolarità. Anche in questo caso, l’obiettivo non è quello di lottare contro le materie plastiche in sé, ma contro il loro uso non sostenibile e i numerosi problemi ambientali che ne derivano.
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