Attualità

Conservazione degli alimenti e biodegradabilità degli imballaggi

Nel settore dell’imballaggio sono sempre più richiesti i materiali con almeno una parte di origine naturale, da utilizzare nello sviluppo di compositi sintetici-naturali. Sul fronte degli additivi, si punta ad allungare la shelf-life dei prodotti, soprattutto per quanto riguarda il settore alimentare. Non mancano soluzioni su misura che permettono di scegliere tra totale biodegradabilità o riciclo.

Negli ultimi anni è cambiato l’approccio nello sviluppo dei prodotti nella filiera dell’imballaggio. Una volta il metodo era incentrato per lo più su una progettazione prettamente lineare, ora si cerca di sviluppare prodotti che siano in grado di rispondere anche a requisiti di riutilizzo e riciclo. Quando si parla di imballaggi oggi è interessante quindi osservare anche i riutilizzi alternativi, in campi differenti da quello di provenienza dell’imballaggio. Un altro fronte su cui si lavora tanto è, in particolare per il packaging destinato agli alimentari, l’impiego anche di materia prima di origine vegetale e lo sviluppo di compositi di polimeri naturali-polimeri sintetici. Sempre per il settore degli alimenti, si continuano a mettere a punto nuove soluzioni per una conservazione migliore degli alimenti e per allungarne la shelf-life. Si sviluppano additivi in grado quindi di preservare maggiormente le proprietà organolettiche e nutrizionali dell’alimento.

Compositi e fotoreticolazione

Nel 2020 si sono conclusi diversi progetti finanziati dall’Unione Europea che riguardano anche l’imballaggio. Uno di questi è quello denominato “ComBIOsites- Reversibly photocrosslinked BIO-based composites with barrier properties from industrial by-products”, seguito dal Dipartimento Scienza Applicata e Tecnologia del Politecnico di Torino.

Lo studio ha portato alla creazione di materiali compositi riciclabili utilizzando materie prime derivate da biomasse e processi come la fotoreticolazione. In particolare, sono stati sviluppati materiali compositi a base di fibre cellulosiche della canapa che, grazie a matrici polimeriche fotoreticolate, sono risultati riciclabili se sottoposti a stimoli esterni quali la luce.

La cellulosa microfibrillata ottenuta da biomassa cellulosica è in grado di formare film con buone proprietà di barriera per gas come ossigeno, anidride carbonica e azoto, caratteristiche che la rendono particolarmente adatta – se utilizzata in combinazione con altri materiali polimerici che ne consentano l’uso anche in condizioni di elevata umidità – per applicazioni nel campo degli imballaggi.

La fotoreticolazione, ovvero il processo utilizzato per preparare la matrice, si è rivelato un processo molto rapido e altamente sostenibile: non utilizza solventi e richiede un basso consumo energetico, poiché avviene a temperatura ambiente.

Grazie alla collaborazione con i laboratori STIIMA-CNR di Biella e LGP2 Grenoble-INP in Francia, è stato possibile mettere a punto biocompositi da materiali derivati interamente da scarti dell’industria agroalimentare, mentre la cellulosa microfibrillata usata come rinforzo è stata ottenuta dalle fibre di scarto della canapa. Successivamente, le proprietà dei biocompositi ottenuti sono state analizzate e definite in collaborazione con il Laboratory for Processing of Advanced Composites LPAC  dell’EPFL in Svizzera.

Lunga vita agli alimenti confezionati

Mantenere gli alimenti freschi il più a lungo possibile è considerata una priorità, poiché  l’innalzamento della temperatura compromette sempre più frequentemente la resa dei raccolti. Su iniziativa dell’Unione Europea è stato presentato un nuovo prodotto per prolungare in modo considerevole la durata dei prodotti alimentari confezionati.

Occorre infatti un numero maggiore di nuove soluzioni ecocompatibili di confezionamento in quanto gli attuali materiali ecologici possiedono scarse proprietà di protezione della durata di conservazione. Vi sono poi gli sprechi alimentari. Secondo l’Organizzazione delle Nazioni Unite per l’alimentazione e l’agricoltura (FAO), estendere la durata di conservazione si dimostra il modo più efficace per ridurre gli sprechi alimentari. Inoltre, sono necessari imballaggi più sicuri per salvaguardare i consumatori e le loro mutevoli abitudini di consumo. Si registra infatti un aumento nella domanda di alimenti pronti, confezionati e di porzioni più piccole. Una durata di conservazione più lunga equivale ad alimenti più sicuri e meno contaminati.

Il progetto Cronogard, finanziato dall’Unione Europea, si è quindi focalizzato sullo sviluppo di una tecnologia, brevettata, da cui ha avuto origine una famiglia di prodotti per il trattamento delle materie prime adoperate nel settore del confezionamento alimentare. Questa linea di prodotti è in grado di prolungare fino al 200% la durata di conservazione degli alimenti. Si tratta di una serie di prodotti industrializzati pronti a conquistare il mercato. Partendo da prove di laboratorio su sostanze capaci di allungare la durata di conservazione in modo naturale, ci si è poi concentrati su tecniche di applicazione, riuscendo alla fine a fornire prodotti che possono essere utilizzati direttamente nelle linee di trasformazione dei produttori di imballaggi – senza richiedere l’impiego di macchinari speciali o modifiche ai processi in essere.

I materiali polimerici tradizionali per il confezionamento degli alimenti offrono protezione contro l’attacco di agenti esterni, tuttavia non sono ancora molto efficaci nel prevenire lo sviluppo di biopellicole. La soluzione del progetto Cronogard limita fino al 50% la formazione di biopellicole sulla superficie della confezione. L’attività protettiva e antibatterica ostacola la formazione degli agenti responsabili del deperimento all’interno della confezione. La soluzione si basa su un riempitivo compostabile e riciclabile, realizzato per funzionare sia con i materiali plastici che con la cellulosa, potenziando notevolmente le caratteristiche protettive di questi materiali. Il prodotto conserva gli alimenti anche dopo l’apertura della confezione grazie al coperchio richiudibile della vaschetta. La famiglia di prodotti sviluppata è del tutto conforme ai regolamenti europei in materia di contatto con gli alimenti e di sostanze e processi consentiti per il confezionamento.

L’intera catena del valore può ricavarne dei benefici. I produttori di imballaggi aggiungono valore ai propri prodotti, mentre rivenditori e produttori di prodotti alimentari migliorano la qualità degli alimenti confezionati, diminuendo gli sprechi.

I partner del progetto hanno sottoscritto vari memorandum d’intesa con leader italiani e internazionali del settore degli imballaggi volti allo sviluppo di produzioni pilota in base alle loro esigenze specifiche.

Il prodotto, denominato appunto Cronogard, migliora la durata di conservazione e al tempo stesso preserva le caratteristiche degli alimenti freschi, mantenendone intatti colore, sapore e consistenza, soddisfacendo quindi le esigenze sia delle industrie di produzione di alimenti freschi che di confezionamento alimentare.

La tecnologia cronogard, sviluppata e brevettata da Nicefiller srl, è costituita ora da una famiglia di prodotti per imballaggi che riduce la formazione del biofilm sulle superfici del packaging. I filler comprendono una serie di additivi che permette di avere il grado specifico per ogni alimento. Vi sono poi le vernici che contengono il filler realizzato per lo specifico alimento in modo bilanciato, al fine di ottenere il risultato ottimale. La vernice viene applicata con tecniche di coating su film polimerici o a mezzo stampa su carta e cartone. Infine, il filler Cronogard è a disposizione come masterbatch e può essere estruso nel primo strato sottile che costituisce la struttura polimerica del packaging. In questo caso il masterbatch viene fornito già additivato in funzione dell’alimento.

Le tipologie di alimenti validate sono attualmente riconducibili a cinque gruppi alimentari: frutta e verdure, latticini, pasta fresca, pane e la quarta gamma ovvero insalate.

Il principio di funzionamento è strettamente legato alle proprietà del filler, che si presenta fisicamente in polvere. La parte inorganica ha la capacità di catturare gli agenti contaminanti nel vapore acqueo e nel gas mentre la funzionalità specifica della molecola organica è quella di catturare l’ossigeno o rendere meno colonizzabili le superfici dell’imballaggio dai microrganismi. Il filler, che è un solido di dimensioni micrometriche, è disperso omogeneamente nel materiale di imballaggio, principalmente nella superficie interna a contatto con l’alimento.

I prodotti di Nicefiller consentono di rispettare, in ragione della tipologia di materiale di imballaggio su cui applicati, requisiti ambientali essenzialicome il compostaggio (norma EN 13432) e il recupero mediante riciclo del materiale (norma EN 13430).

Biodegradazione o riciclo, a scelta

L’azienda londinese Polymateria, una startup dell’Imperial College London, ha messo a punto una pellicola alimentare di polietilene in grado di biodegradarsi nell’ambiente aperto entro un anno – nei test eseguiti esattamente in 226 giorni – o che può anche essere completamente riciclata. Questa plastica è stata ottenuta con la tecnologia Biotransformation messa a punto da Polymateria.

Questo materiale può essere utilizzato non solo come pellicola, ma anche in altre applicazioni di imballaggio flessibile come, ad esempio i sacchetti per uso alimentare, o come plastica rigida nel settore degli imballaggi anche non alimentari o di prodotti quali bicchieri usa e getta.

Per gli imballaggi flessibili, con una vita di servizio entro i sei mesi, per i quali non è proponibile il riciclo, come ad esempio nel caso delle pellicole sigillanti, Polymateria propone DegrAid. Per le applicazioni nel packaging rigido con una vita di servizio dai sei mesi ai tre anni, la società inglese ha sviluppato Cycle+, materiale in grado di rispondere sia ai requisiti di biodegradazione sia alla riciclabilità a fine vita del prodotto.

La tecnologia Biotransformation rimane sostanzialmente “dormiente” fino a che il prodotto non raggiunge il suo fine vita. A seconda della destinazione d’uso dell’imballaggio, vengono definite prima di tutto il periodo di servizio necessario e le temperature a cui sarà esposto il prodotto. Quando il prodotto raggiunge il fine vita, si attiva il processo di Biotransformation e la conversione chimica causa la rapida perdita delle proprietà fisiche dell’imballaggio. Maggiore è la superficie dell’imballo esposta a questo processo, maggiore è la trasformazione chimica. Questa tecnologia praticamente attacca l’area amorfa o cristallina della struttura polimerica e la trasforma rapidamente  in un materiale simile a una cera naturale che non danneggia l’ambiente. Questo materiale ceroso è stato testato secondo le linee guida dell’OCSE per i test sulle sostanze chimiche. La cera viene poi trasformata da batteri e funghi presenti in natura, attraverso un processo di mineralizzazione.

Verifiche di laboratorio eseguite da terze parti, hanno mostrato che le pellicole e gli imballagi rigidi in polipropilene e in polietilene realizzati inglobando la tecnologia Biotransformation si degradano completamente entro 1 o massimo 2 anni, senza lasciare quindi alcuna microplastica nell’ambiente.

Polymateria propone questa soluzione tecnologica sotto forma di masterbatch su misura della resina plastica in cui viene utilizzato e secondo le caratteristiche applicative necessarie e il tempo di vita richiesto. Questi masterbatch sono compatibili con tutti i tradizionali processi di trasformazione delle materie plastiche.

a cura di Valeria Mazzucato