Sono dieci le persone a rischio processo per il fallimento di Bio-on, l’azienda bolognese produttrice di bioplastiche. Come riporta il quotidiano La Repubblica di oggi, si tratta dei componenti del consiglio di amministrazione, del collegio sindacale, del direttore finanziario e di due revisori contabili. Ad essi la Procura della Repubblica di Bologna contesta il falso in bilancio e le false comunicazioni sociali, reati che avrebbero procurato un ingiusto guadagno stimato in 36 milioni di euro.
L’inchiesta risale all’ottobre 2019 ed è partita dalla denuncia da parte del fondo americano Quintessential che accusava Bio-on di essere una “nuova Parmalat”, in pratica un castello di carte senza solide basi finanziarie e di business. La denuncia aveva portato agli arresti domiciliari il fondatore e presidente Marco Astorri; per il socio e vicepresidente, Guy Cicognani, e per il presidente del collegio sindacale Gianfranco Capodaglio, scattarono le interdittive. L’indagine della Procura portò al sequestro di beni per 150 milioni di euro e alla crisi dell’azienda che ha coinvolto i circa cento dipendenti distribuiti nelle sedi di Bologna, Bentivoglio, Minerbio e Castel San Pietro.
I bilanci gonfiati e i dati manipolati sul reale stato di salute della società avevano lo scopo di far aumentare il valore delle azioni Bio-on, quotata in borsa. Il 9 luglio del 2018, l’azione Bio-on aveva raggiunto i 70 euro per un valore complessivo della società di 1,3 miliardi. Questa crescita era basata su stime e prospettive di guadagno infondate e su contratti di vendita non conclusi. A seguito delle indagini, il valore dell’azione è crollato a 10,4 euro. Il danno finanziario ha coinvolto non solo società d’investimento, ma piccoli risparmiatori, tra cui alcuni dipendenti della società.
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