La lentezza dell’Europa nella campagna vaccinale e la carenza di materie prime per l’industria. Due facce della stessa medaglia.
È bastata una nave messa di traverso a bloccare il canale di Suez per ricordarci della fragilità del sistema dei trasporti e dell’economia globale. Nel momento in cui sto scrivendo questo editoriale sembra che la portacontainer Ever Given, dopo tanti formidabili sforzi, stia cominciando a muoversi, lasciando libero il passaggio alle numerose navi in attesa di transito.
In un momento di crisi degli approvvigionamenti, l’incidente ha mostrato ancora una volta la forte dipendenza dell’Europa dalle forniture esterne, soprattutto dall’Asia. Da alcuni mesi all’industria europea mancano materie plastiche, acciai, microchip, componenti e tanto altro ancora. La carenza, o lo “shortage”, sembra diventata una caratteristica strutturale della nostra industria, così come un anno fa ci siamo accorti che in Europa non si producevano mascherine protettive né liquido igienizzante. La lentezza con cui la campagna vaccinale procede nei paesi dell’UE, messa ancor più in evidenza dalla rapidità degli Stati Uniti, della Gran Bretagna e di Israele, rivela la difficolta per l’Europa di esercitare in modo efficace un ruolo di leadership all’interno della competizione politica ed economica internazionale.
Già l’anno scorso il commissario UE per l’Industria, il Mercato Unico e il Digitale, il francese Thierry Breton, aveva lanciato l’allarme, insistendo sulla necessità per l’Europa di prendere il controllo diretto dei propri interessi strategici. Da allora poco o nulla è cambiato e la Commissione si dibatte tra le difficoltà di far rispettare a Big Pharma gli accordi presi sulla fornitura delle dosi vaccinali e l’eterna quadratura del cerchio di mettere d’accordo i ventisette paesi che la compongono che, quando hanno potuto, si sono ripresi in pieno le loro prerogative. Una libera uscita che ha dato qualche risultato, soprattutto ai paesi più piccoli.
È indispensabile e non più rinviabile un cambiamento, pur essendo ad oggi molto difficile individuare da chi dovrebbe partire. Per evitare di fare la fine della Ever Given, L’Europa, senza rinverdire anacronistiche nostalgie autarchiche, deve riappropriarsi della produzione, superando i continui impasse giuridici e normativi, e sviluppare valore al proprio interno insieme alla capacità di proiettarlo con autorevolezza all’esterno.
a cura di Paolo Spinelli
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