AFPM '24: buone prospettive per le esportazioni del settore petrolchimico USA, ma i rischi geopolitici continuano a incombere.
In un’epoca in cui si assiste a un’intensificazione della concorrenza a livello globale, l’industria petrolchimica statunitense si afferma come una forza in crescita grazie alla posizione di mercato che, favorita dai bassi costi del gas di scisto, consente al settore di correre e di incrementare le esportazioni, soprattutto nell’attuale scenario caratterizzato da prezzi elevati del greggio.
Secondo l’American Chemistry Council (ACC), dopo il crollo di circa il 7,5% avvenuto nel 2023 le previsioni relative alle esportazioni dell’industria chimica statunitense indicano un rimbalzo del 3,1% a 170,7 miliardi di dollari per l’anno in corso, e un’accelerazione del 5,8% sia nel 2025 che nel 2026, anno in cui l’export dovrebbe arrivare a rappresentare il 27-29% delle fatturato totale di settore. Sempre secondo ACC, nel triennio 2024-26 l’industria chimica USA registrerà una crescita del 28% in termini di surplus commerciale passando da 21,1 a 27,1 miliardi di dollari.
Le esportazioni di PE si mantengono elevate
Le esportazioni statunitensi di polietilene (PE) hanno iniziato l’anno in forte crescita, con un aumento del 28% in febbraio rispetto a febbraio 2023. Secondo Harrison Jacoby, responsabile del settore del PE presso CDI, questo slancio dovrebbe persistere per tutto il primo semestre dell’anno, sottolineando che a febbraio, le esportazioni di PE negli Stati Uniti rappresentavano il 46,9% del volume totale delle vendite.
“Di recente”, ha affermato Jacoby “abbiamo sentito parlare di una domanda di PE molto debole in Cina, con prezzi locali pari o inferiori ai prezzi delle importazioni. Ciò provoca difficoltà alle esportazioni statunitensi nella regione, tuttavia la domanda dei prodotti statunitensi in Europa sta contribuendo a compensare questa situazione. Nel complesso, le esportazioni di PE degli Stati Uniti rimarranno su elevati livelli a lungo termine grazie ai prezzi inferiori dovuti all’abbondanza sul mercato di gas di scisto ricco di liquidi di gas naturale”, ha aggiunto. I recenti problemi nei trasporti marittimi attraverso il Mar Rosso beneficiano le esportazioni statunitensi verso l’Europa che rimpiazzano i volumi normalmente provenienti dal Medio Oriente. Nel frattempo, l’impatto delle restrizioni sulle esportazioni di PE degli Stati Uniti attraverso il Canale di Panama è stato minimo, ha sottolineato l’analista.
ICIS prevede che le esportazioni di PE in Nord America aumenteranno del 4,6% nel 2024 a circa 11,7 milioni di tonnellate, con i volumi destinati all’Europa che saliranno del 7,8% a circa 2,4 milioni di tonnellate.
LyondellBasell prevede una crescita costante per i volumi delle esportazioni statunitensi di PE, sostenute dal vantaggioso rapporto tra i prezzi del petrolio e del gas. “Iniziamo a vedere alcuni segnali di modesto miglioramento. In Nord America, il fermo degli impianti di Houston causato dalla tempesta invernale Heather, pure se relativamente breve, ha ridotto l’offerta nell’intero settore e portato a una contrazione del mercato”, ha dichiarato Peter Vanacker, CEO di LyondellBasell, nel corso del convegno JPMorgan Industrials Conference tenuto a metà marzo. Anche la forte domanda di PE proveniente dall’America Latina ha contribuito al calo dell’offerta interna USA, con un conseguente aumento dei prezzi, ha aggiunto Vanacker. Gli Stati Uniti sono tra i principali esportatori di PE verso l’America Latina.
Vento in poppa per il gas
Negli Stati Uniti, il prezzo del gas naturale continua a mantenersi su livelli eccezionalmente bassi, ben al di sotto dei 2 dollari/MMBtu, mentre il petrolio greggio si è attestato su quote relativamente alte, sopra gli 80 dollari al barile. Ciò offre ai produttori statunitensi di gas di scisto un enorme vantaggio in termini di prezzi a livello globale, consentendo loro di raggiungere tassi elevati di utilizzo degli impianti e di export.
ICIS prevede che i prezzi del gas naturale negli Stati Uniti raggiungeranno una media di 2,45 dollari/MMBtu nel 2024, con un aumento nel secondo semestre dell’anno dopo il calo determinato dall’eccesso di offerta nel primo semestre a causa dalle temperature invernali più elevate, fino a raggiungere i 3,30 dollari/MMBtu nel 2025. Nel frattempo, il greggio Brent nel 2024 dovrebbe essere scambiato tra i 70 e i 90 dollari al barile.
“Il vantaggio assicurato dai prezzi statunitensi dovrebbe persistere soprattutto se il prezzo del greggio rimane ai livelli attuali. Anche se si dovesse spostare nella fascia intorno ai 70 dollari al barile, l’etano rimarrebbe comunque avvantaggiato”, ha affermato Barin Wise, vicepresidente area materie prime e combustibili di CDI. “Tuttavia, questo vantaggio dovrebbe diminuire nel corso dell’anno, poiché l’aumento dei prezzi del gas determinerà un aumento dei costi di produzione dell’etilene. Una volta che i costi dei trasporti si normalizzeranno, ciò si tradurrà in un ulteriore beneficio per i produttori statunitensi” ha aggiunto. Sempre Wise prevede che l’etano rimarrà al di sotto dei 20 centesimi/gallone fino a maggio, ma poi salirà di pari passo con l’aumento dei prezzi del gas naturale e della domanda di materie prime.
Secondo il CEO di Dow, Jim Fitterling, a lungo termine i bassi prezzi del gas naturale dovrebbero consentire all’industria chimica USA di mantenere una posizione strutturale caratterizzata da bassi costi operativi. “Quando guardiamo a lungo termine, ad esempio i prossimi cinque anni, gli indicatori puntano alla fascia dei 2,50-3,50 dollari/MMBtu solo considerando l’equilibrio tra domanda e offerta, oltre ai bassi costi e alla rapidità di avviamento di nuovi impianti, il tutto grazie al gas di scisto”, ha affermato Fitterling al convegno JPMorgan Industrials Conference di metà marzo.
“Gli Stati Uniti hanno prospettive di potere mantenere un’ottima posizione a basso costo a lungo termine, e lo stesso vale per il Canada, e questa prospettiva è alla base di tutto ciò che decideremo di fare a valle. Questo è il vantaggio strutturale in termini di costi su cui potremo sviluppare il resto delle attività”, ha aggiunto Fitterling. A inizio di marzo, secondo i dati di ICIS Supply & Demand Database, i margini spot del polietilene ad alta densità (HDPE) negli Stati Uniti erano di quasi 750 dollari/tonnellata, a confronto dei margini spot dell’Asia nord-orientale, che permangono in territorio negativo sin dalla fine di novembre 2023, e dell’Europa nord-occidentale con circa 710 dollari/tonnellata. I margini in Europa sono aumentati a causa delle difficoltà delle importazioni dal Medio Oriente e dall’Asia attraverso il Mar Rosso.
Sulla base dei contratti stipulati, i margini dell’HDPE negli Stati Uniti sono superiori a 1.150 dollari/tonnellata, ma i margini spot sono più indicativi del clima dei mercati export. LyondellBasell prevede che i prezzi del PE negli Stati Uniti rimarranno stabili nel primo trimestre dell’anno, in presenza di un modesto miglioramento della domanda interna USA e della persistente crescita dei mercati di esportazione. Anche i costi dell’etano e delle materie prime energetiche dovrebbero rimanere su livelli favorevoli, contribuendo al rafforzamento dei margini. I tassi di utilizzo degli impianti di cracking di Dow dislocati sulla costa statunitense del Golfo del Messico, in Canada e in Argentina hanno superato la soglia del 90% nel quarto trimestre e si prevede che vi rimarranno fino al termine del primo trimestre. A febbraio, i tassi di utilizzo degli impianti di PE negli Stati Uniti erano arrivati a 94,7%, ha sottolineato Jacoby.
Calo per le esportazioni di PVC
Le esportazioni di PVC degli Stati Uniti sono state eccezionalmente elevate nei mesi di dicembre e gennaio, arrivando a rappresentare il 41% delle vendite totali.
Tuttavia a febbraio le esportazioni sono scese al 31% del totale e si prevede che rimarranno sottotono fino al termine del primo trimestre a causa delle previste attività di manutenzione, ha affermato Kelly Coutu, responsabile dell’area PVC presso CDI. “Il tasso di utilizzo degli impianti nel primo semestre dell’anno dovrebbe aggirarsi intorno al 70%, in calo rispetto al poco più dell’80% registrato nel secondo semestre del 2023, riducendo i volumi dell’offerta sul mercato delle esportazioni”, ha aggiunto. “Inoltre, a partire dalla fine del secondo trimestre, le esportazioni verso l’Europa saranno soggette a un dazio antidumping preventivo mirato proprio alle importazioni dagli Stati Uniti, prima ancora che la Commissione Europea completi l’indagine in corso su questo fronte. Si parla di un possibile dazio del 10-20% a partire da giugno”.
Insieme a una potenziale misura antidumping (procedura ADD) in arrivo a giugno, i bassi prezzi dei contratti relativi al PVC in Europa stanno spingendo i produttori statunitensi a cercare nuovi mercati alternativi per le esportazioni. “L’America Latina rimarrà un mercato di sbocco ricettivo nei confronti delle esportazioni di PVC dagli Stati Uniti. L’Asia è meno favorevole per via dei bassi prezzi locali causati dall’attuale situazione di eccesso dell’offerta. Alcuni produttori stanno dirottando le vendite verso il Vietnam e il sud-est asiatico, ma su base più limitata”, ha affermato Coutu.
Dal canto suo, Westlake ha dichiarato, durante la conferenza di presentazione dei risultati dell’ultimo trimestre 2023 tenuta a fine febbraio, che il momento di crescita delle vendite continuerà nel 2024, sostenendo lo slancio dei prezzi. Nel quarto trimestre, le esportazioni hanno svolto un ruolo importante per il PVC e la soda caustica prodotti dall’azienda. Inoltre Westlake produce anche PE.
La riduzione delle scorte di PVC, come per vari altri polimeri, ha fatto il suo corso, e ora i trasformatori stanno ricostituendo i rispettivi livelli di magazzino, anche se con cautela, nella speranza di una ripresa del settore edile in primavera. Molti produttori guardano al secondo semestre del 2024 per una crescita più robusta della domanda, ha sottolineato Coutu.
Nel frattempo, i prezzi dovrebbero rimanere stabili nell’arco del 2024, con modeste fluttuazioni stagionali. Una crescita della capacità produttiva dovrebbe limitare il rialzo dei prezzi, comportando tuttavia un aumento dei volumi delle esportazioni. “I produttori statunitensi hanno in programma di avviare nuovi impianti di produzione per 544.000 tonnellate/anno nel 2024, il che consentirà di mantenere i prezzi su livelli contenuti in assenza di un rafforzamento della domanda da parte di mercati a valle come l’edilizia e la costruzione di infrastrutture”, ha concluso Coutu.
La minaccia di una guerra commerciale tra Cina e Stati Uniti, parte 2
Le crescenti tensioni geopolitiche e i processi di deglobalizzazione in atto hanno l’effetto di indebolire le strategie delle imprese incentrate sulle esportazioni. Un rischio per le esportazioni di prodotti chimici statunitensi è la possibilità di una nuova guerra commerciale tra Stati Uniti e Cina dopo le elezioni presidenziali statunitensi in programma a novembre. A febbraio Donald Trump, ex presidente e attuale candidato repubblicano alla presidenza degli Stati Uniti, ha dichiarato che avrebbe imposto un dazio di almeno il 60% su tutte le importazioni cinesi e del 10% sulle altre importazioni. Mentre alcuni potrebbero liquidare questa presa di posizione come pura retorica da campagna elettorale, la minaccia al commercio tra Stati Uniti e Cina è invece molto reale. Trump nel 2018 ha innescato la guerra commerciale tra Stati Uniti e Cina, caratterizzata dall’imposizione di dazi da entrambe le parti su un’ampia gamma di prodotti chimici e plastici. La Cina inoltre come ritorsione ha imposto dazi sulle importazioni dagli Stati Uniti di PE, polipropilene (PP), glicole etilenico (EG) e PVC, oltre che su altre sostanze chimiche.
Un dazio del 60% sulle importazioni cinesi negli Stati Uniti innescherebbe una risposta massiccia che colpirebbe non solo i prodotti chimici, ma l’economia statunitense in generale, poiché la Cina potrebbe limitare le esportazioni di materiali essenziali per l’industria dei semiconduttori e delle batterie per veicoli elettrici (EV). La Cina ha anche in progetto di diventare più autosufficiente in relazione a un’ampia gamma di prodotti chimici e plastici e a questo fine continua a dotarsi di nuovi impianti di produzione. Ciò potrebbe comportare un cambiamento nei flussi commerciali di prodotti ad alto volume come il PE, con gli Stati Uniti costretti a esportare di più verso altre regioni come l’Europa e il sud-est asiatico e i produttori del Medio Oriente che rafforzeranno l’export destinato alla Cina.
I fermi impianto in Europa aprono nuove porte
L’industria petrolchimica statunitense è in una posizione privilegiata in prospettiva di un aumento delle esportazioni verso l’Europa, dove alcuni impianti caratterizzati da alti costi operativi sono stati chiusi a causa dei massicci interventi di ristrutturazione. Il concetto di produzione chimica integrata esemplificato dal modello “Verbund” di BASF si sta sgretolando a causa della sovracapacità di produzione di materie prime in Cina che intensifica la concorrenza a livello mondiale. BASF sta ristrutturando il sito di Ludwigshafen, in Germania, il più grande polo chimico del mondo, che comporterà la chiusura degli impianti. Indorama da parte sua sta esaminando la situazione di sei impianti nella sona ovest del paese in vista di una potenziale chiusura.
Pur non riguardando il PE o il PVC, si evidenzia una crescente tendenza alla razionalizzazione della capacità produttiva in Europa, dove c’è già stata un’ondata di chiusure di impianti chimici, e molte altre ne arriveranno. BASF svelerà i dettagli del progetto di ristrutturazione nel secondo semestre.
Le chiusure e fermi di capacità produttiva in Europa aprono la porta all’incremento delle importazioni dagli Stati Uniti, dal Medio Oriente e dall’Asia, tutte regioni in cui la capacità continua ad espandersi.
Prevista una crescita per l’export USA di glicole etilenico
Nel frattempo, la Cina continua a importare volumi sostanziosi di glicole etilenico (EG), anche dagli Stati Uniti. Secondo i dati di ICIS Supply & Demand Database, nel 2023 gli Stati Uniti hanno esportato circa 900.000 tonnellate di EG in Cina, rispetto alle circa 630.000 tonnellate del 2022, facendo della Cina il principale mercato di sbocco di questa materia prima. Nella classifica dei mercati d’esportazione, il paese asiatico è seguito da Turchia, Belgio, Messico e Brasile. Nel complesso, le esportazioni statunitensi di EG sono aumentate del 3% nel 2023 e si prevede che cresceranno di un ulteriore 3-5% nel 2024, ha affermato Antulio Borneo, vicepresidente dell’area PET di CDI. “Gli Stati Uniti continuano ad avvantaggiarsi grazie ai costi paragonabili a quelli del Medio Oriente. Tra il 2019 e il 2022 negli USA si è verificata un’espansione della capacità di produzione di glicoli che sembra comunque già avviata alla saturazione completa”, ha commentato Borneo, aggiungendo che gli Stati Uniti hanno raggiunto una produzione record di EG nel secondo trimestre del 2023.
Mentre la Cina continua a dotarsi di nuove capacità di produzione di EG, gran parte di quella esistente è totalmente integrata nella catena del polietilene tereftalato (PET)/fibra di poliestere. Pertanto, la Cina continuerà a dovere importare EG. Circa due terzi del suo fabbisogno provengono dalla produzione interna, il che conferisce una certa sicurezza sul fronte degli approvvigionamenti, oltre che la flessibilità di potere trarre vantaggio da importazioni più competitive in termini di costi, ha concluso Borneo.
Le tre forze chiave che incrementano la competitività
L’industria petrolchimica statunitense rappresenta una delle tre forze chiave che presiedono alla competitività nel settore delle materie prime chimiche globali:
- Le imprese statali cinesi (SOE) continuano a costruire nuove capacità per raggiungere l’autosufficienza sul fronte delle materie prime e sono quindi disposte ad accettare margini molto più bassi.
- Le grandi compagnie petrolifere del Medio Oriente stanno cercando di convertire una maggiore quota di petrolio in prodotti petrolchimici e plastici (dal greggio ai prodotti chimici) a scapito dei carburanti, poiché prevedono in prospettiva un declino della domanda di questi ultimi a causa della transizione energetica.
- Gli operatori statunitensi che hanno beneficiato del gas di scisto continuano a costruire nuovi impianti per soddisfare la domanda dei mercati di esportazione
Questo scenario sta mettendo a dura prova i produttori di materie prime chimiche in Europa, Giappone, Corea del Sud e Brasile, che semplicemente non possono competere con la crescente ondata di prodotti sovvenzionati e a costi vantaggiosi. “Vediamo arrivare importazioni dalla Cina in un ordine di grandezza mai raggiunto finora”, ha dichiarato il CEO di BASF Martin Brudermuller durante la conferenza di presentazione degli utili del quarto trimestre 2023, tenuta lo scorso febbraio. “Molto chiaramente, in Cina c’è nuova capacità in arrivo per molte linee di prodotto, una sovracapacità sul mercato interno, il tutto accompagnato da un lento passo di sviluppo. Quindi, i produttori cinesi colgono tutte le opportunità per esportare e vendere ogni tonnellata in qualche parte nel mondo”, ha aggiunto.
a cura di Joseph Chang, Global Editor
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