La Direttiva SUP, che dal 3 luglio vieta la vendita di articoli monouso in plastica in tutta Europa, non piace neanche ai produttori italiani di carta. La ragione è molto semplice: nelle linee guida della Direttiva SUP gli imballaggi costituiti da carta accoppiata con uno strato di materiale plastico sono considerati (così come le bioplastiche) plastica a tutti gli effetti e quindi sottoposti agli stessi divieti.
Non ci sono alternative tecnologiche o legali
In una dichiarazione al Sole 24 Ore, il presidente di Assocarta Lorenzo Poli afferma che il recepimento della direttiva deve essere «equilibrato, aperto ai nuovi materiali ma con una chiara gerarchia rispettosa dei criteri di proporzionalità e che ridefinisca il campo di applicazione funzionalmente all’obiettivo di ridurre la plastica dispersa nell’ambiente e non di condurre un’illogica e dannosa lotta ai prodotti monouso, anche quando contengono pochissima plastica, anche quando non hanno alternative tecnologiche o legali (si pensi alla normativa sui materiali a contatto con gli alimenti), quando il loro impatto ambientale, in termini di analisi del ciclo di vita, è minore rispetto ai cosiddetti prodotti riutilizzabili».
Poli suggerisce quindi, «Un criterio di calcolo per gli obiettivi di riduzione basato sul peso della quantità effettiva di plastica contenuta nei prodotti monouso misti».
Carta sì, plastica no
In pratica, quando è da sola in un imballaggio monomateriale facilmente e totalmente riciclabile la plastica è il diavolo, diventa invece un angelo custode quando serve a ottenere quelle indispensabili prestazioni di protezione e conservazione che la carta non ha. E quindi deve essere considerata come l carta.
A questo punto, non si capisce perché una bottiglia o una vaschetta di PET completamente riciclabili e reimpiegabili in nuovi prodotti dovrebbero essere vietate e un accoppiato carta+plastica no. Non si può usare la carta per nascondere la plastica come già tante società del settore alimentare e delle bevande stanno facendo: si abbia la sincerità di dire ai consumatori che le plastiche servono a dare la necessaria sicurezza ai prodotti che acquistano e che materiali alternativi non sono in grado di fornire. Di altre “pennellate di verde” non abbiamo proprio bisogno.
a cura di Paolo Spinelli
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