Uno studio del laboratorio Nanoscienze del Dipartimento di Fisica dell’Università di Trento accende i riflettori sul comportamento dei fotoni. Un cambio di prospettiva che può tradursi in misurazioni sempre più accurate, con molteplici applicazioni: dallo spazio ai nuovi materiali superconduttori per computer e telecomunicazion
Rilevare molecole di gas, effettuare monitoraggi ambientali accurati, stabilire comunicazioni satellitari efficienti nello spazio, dare vita a nuovi tipi di semiconduttori, indispensabili per tutti i principali dispositivi elettronici e microelettronici di nuova generazione: tutte queste attività hanno in comune lo studio dei fotoni. Settori in grande espansione scientifica e tecnologica che ruotano attorno a computer, sensori e metodi di comunicazione sicura del futuro e che nei prossimi anni saranno oggetto di un forte investimento di ricerca e trasferimento tecnologico (oltre un miliardo di euro) da parte dell’Unione Europea nell’ambito della nuova “Quantum Technologies Flagship”. Anche Trento vuole avere un ruolo di rilievo in questa competizione scientifica internazionale e presentarsi come nodo di riferimento per le scienze e le tecnologie quantistiche. E per farlo ha messo in rete i suoi migliori talenti tra UniTrento, Fondazione Bruno Kessler e CNR nel progetto Q@TN (Quantum at Trento).
Per progettare strumentazioni sempre più precise, occorre investire in misurazioni sofisticate che siano capaci di misurare le proprietà dei singoli fotoni. Questa è una sfida aperta per la fisica quantistica perché il segnale prodotto da particelle isolate è bassissimo. Lo è, in particolare, per quanto riguarda singoli fotoni con un colore nel medio infrarosso. Il medio infrarosso è una porzione della più ampia radiazione infrarossa, quella radiazione elettromagnetica con banda di frequenza dello spettro inferiore alla luce visibile ma superiore alle onde radio. A causa del rumore a cui sono soggetti i rilevatori standard, non è possibile il loro utilizzo in misurazioni in cui è richiesta questa estrema sensibilità. Eppure lo studio dei fotoni che si trovano in questa parte specifica dello spettro infrarosso è la chiave per sviluppare applicazioni interessanti in numerosi ambiti di innovazione tecnologica: dallo spazio allo sviluppo di nuove sorgenti di fotoni per la crittografia quantistica, dallo studio dell’assorbimento di molecole gassose alla medicina.
Modifica del colore della luce
L’unica soluzione finora ipotizzata per indagare questa porzione dello spettro è stata quella di impiegare anche nel medio infrarosso sensori ottici realizzati con materiali superconduttori, che però devono essere mantenuti a temperature estremamente basse per poter funzionare. Ma cosa succede se invece si modifica il colore della luce, in modo da renderlo visibile e quindi misurabile con un sensore ottico di quelli che si trovano nei nostri telefonini? Quest’idea, detta “traslazione spettrale”, è stata dimostrata in uno studio made in Trento, pubblicato nei giorni scorsi sulla prestigiosa rivista Nature Communication. Mattia Mancinelli, Alessandro Trenti e i loro colleghi del Laboratorio di Nanoscienza del Dipartimento di Fisica dell’Università di Trento hanno messo a punto uno speciale traslatore spettrale ad alta efficienza che, abbinato ad un sensore ottico, ha permesso per la prima volta di contare i singoli fotoni nel medio infrarosso uno ad uno. Di più, sono state fatte anche misure di coppie di fotoni intrecciati, sempre nel medio infrarosso. Fotoni intrecciati a coppie sono prodotti da sorgenti di luce quantistica. In queste, infatti, i fotoni sono emessi intimamente correlati (o entangled, per usare un termine tecnico): osservare questa caratteristica è proprio ciò che permette di sfruttare le loro proprietà per applicazioni delle tecnologie quantistiche nella regione spettrale dove sono presenti le impronte digitali delle varie molecole o dove l’atmosfera è particolarmente trasparente per lasciar passare inalterati i fotoni.
Le applicazioni
Il sensore di singoli fotoni dimostrato a Trento, ha alcune caratteristiche che lo rendono adatto a futuri impieghi in ambito industriale: il funzionamento a temperatura ambiente, la facilità di interfacciarsi con la fibra ottica e l’integrazione in un chip di silicio. «La nostra attenzione come ricercatori è concentrata sull’indagine delle proprietà di fotoni entangled nel medio-infrarosso che finora non erano accessibili» commenta Alessandro Trenti. «Ma le applicazioni del sistema che abbiamo sviluppato sono senz’altro interessanti per il settore industriale. Il nostro obiettivo è quello di superare i limiti dei sistemi classici di misurazione, per sviluppare approcci innovativi nell’ambito delle tecnologie quantistiche».
Il lavoro di ricerca è stato possibile grazie ad una proficua collaborazione tra il laboratorio di Nanoscienze dell’Università di Trento e DTU (Technical University of Denmark). A questo lavoro, ha contribuito anche Sara Piccione, dottoranda di fisica al primo anno, che proprio per questa invenzione ha vinto un premio del Rotary Club. La pubblicazione dell’articolo su Nature Communication è un traguardo ulteriore per
Alessandro Trenti che va ad aggiungersi al riconoscimento ottenuto lo scorso anno con il prestigioso Best student paper award alla conferenza internazionale “SPIE Photonics Europe, Nonlinear optics and its applications” che si è tenuta a Bruxelles agli inizi di aprile 2016.
Quarant’anni di storia
Il nuovo Dipartimento di Fisica dell’Università di Trento nasce nel 2012, dopo una storia di quasi 40 anni, durante i quali i ricercatori e i docenti si sono impegnati in attività di ricerca in molti settori di punta, in ambito sia teorico che sperimentale, spaziando dalla cosmologia alla spettroscopia nucleare, molecolare, atomica, dal supercalcolo e simulazione di sistemi complessi alla biofisica, dalla chimica organica alla ricerca in didattica, dalla gravitazione alla fisica dello stato solido, dalla nano-scienza alla fisica medica. L'offerta didattica in fisica della Facoltà di Scienze, ormai sciolta, è ora affidata al Dipartimento, che coordina un corso di laurea triennale e uno magistrale, una scuola di dottorato di ricerca e mette a disposizione dell'Ateneo vari corsi, nonché un percorso di tirocinio formativo per futuri docenti della scuola secondaria.
Lo staff attuale del Dipartimento è composto da circa 40 fra ricercatori e docenti che si avvalgono dell'opera di circa 30 unità di personale tecnico e amministrativo. Fanno parte del Dipartimento anche circa 40 dottorandi e molti collaboratori, assegnisti, visitatori.
Varie sono le forme di collaborazione scientifica e di partecipazione a progetti di ricerca fra il Dipartimento e importanti enti e agenzie, quali per esempio l'INFN (Istituto Nazionale di Fisica Nucleare), il CNR (Consiglio Nazionale delle Ricerche), l'ASI (Agenzia Spaziale Italiana), l'ESA (European Space Agency), e l'Unione Europea. Finanziamenti significativi giungono anche da imprese private e da realtà locali impegnate nella ricerca scientifica, tecnologica, della diffusione della cultura scientifica. Il Dipartimento è inserito in una rete di collaborazioni con realtà locali quali per esempio la Fondazione Bruno Kessler, la Fondazione Edmund Mach, il Museo Tridentino di Scienze, l'ECT* (European Centre for Theoretical Studies in Nuclear Physics and Related Areas) e altre istituzioni facenti capo, fra altri, al Dipartimento della Conoscenza della Provincia autonoma di Trento.
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