Un gruppo di ricercatori presso l’Enea ha raggiunto un importante traguardo nello sforzo globale per affrontare la crisi della plastica nei nostri oceani e sulle spiagge. Attraverso il progetto interregionale Italia-Croazia “Netwap”, il team ha sviluppato con successo un processo innovativo che consente di riconvertire oltre il 90% della plastica recuperata in mare e sulle spiagge in un nuovo tipo di “petrolio”, utilizzabile come combustibile o per la produzione di nuove plastiche, vernici, solventi e una vasta gamma di composti organici.
Il cuore di questa tecnologia è un trattamento termo-chimico noto come pirolisi. Questo processo, condotto a temperature superiori ai 400°C e in assenza di ossigeno, decompone la plastica recuperata in mare in olio e gas ricchi di idrocarburi. Riccardo Tuffi, uno dei ricercatori coinvolti, ha spiegato che l’uso di un catalizzatore ottenuto dalle ceneri degli impianti di gassificazione e combustione del carbone è stato fondamentale per migliorare la resa e la qualità del prodotto finale.
Il campione di plastica sottoposto a questo processo è stato convertito con successo in idrocarburi di grande valore economico, con circa l’87% trasformato in olio leggero e l’8% in gas. Inoltre, i gas prodotti durante il trattamento termo-chimico hanno dimostrato di essere più che sufficienti per alimentare il processo stesso, garantendo una sostenibilità energetica notevole.
La raccolta e il riciclo meccanico della plastica marina sono notoriamente complicati a causa della natura eterogenea dei materiali, che possono contenere vari polimeri e contaminanti come sabbia, sale e alghe. La pirolisi catalitica si presenta come una soluzione efficace in grado di gestire grandi quantità di rifiuti altamente eterogenei e non pretrattati.
Tuffi ha sottolineato che, nonostante più di 100 piccole e medie imprese globali che gestiscono i rifiuti plastici marini, nessuna di esse ha ancora adottato la pirolisi. Tuttavia, egli prevede che in un prossimo futuro, piccoli impianti di pirolisi installati nei porti potrebbero addirittura produrre carburante per le imbarcazioni utilizzando la plastica recuperata in mare.
Questa innovazione assume particolare rilevanza alla luce degli obiettivi fissati dalla direttiva europea sugli imballaggi e i rifiuti di imballaggio, che mira a raggiungere il 50% di riciclaggio della plastica entro il 2025 e il 55% entro il 2030. Inoltre, il piano d’azione sull’economia circolare si concentra sull’incentivare il riciclo, con un’attenzione speciale alla plastica monouso, al fine di prevenire e ridurre l’impatto ambientale.
Nonostante questi sforzi normativi, i dati di Plastics Europe mostrano che la produzione mondiale di plastica è in costante crescita, raggiungendo 368 milioni di tonnellate nel 2019. La maggior parte di questa plastica è destinata agli imballaggi monouso, contribuendo significativamente alla crisi dei rifiuti plastici. Secondo l’Unesco, da 8 a 10 milioni di tonnellate di plastica finiscono negli oceani ogni anno, costituendo fino all’80% del cosiddetto “marine litter”. Questa nuova tecnologia potrebbe rappresentare un passo fondamentale verso la soluzione di questo grave problema ambientale, trasformando i rifiuti plastici in risorse utili e sostenibili.
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