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Plastiche e ambiente, la parola alla difesa: intervista a Chris DeArmitt

Difendere le materie plastiche dai pregiudizi e dalle fake news è mission di Chris DeArmitt. In questa intervista, lo scienziato ci spiega come è nata la sua passione per i materiali polimerici. Respinta l’accusa di essere dei pericolosi inquinanti: le plastiche hanno il minore impatto ambientale nella maggior parte delle applicazioni.

Se le materie plastiche un giorno dovessero essere convocate in un tribunale per difendersi dalle loro vere o presunte colpe, il loro avvocato non potrebbe essere che lui: Chris DeArmitt. Con precisione da scienziato e piglio da legale affronta ogni giorno sui social network il confronto con le tante (troppe) fake news sui materiali polimerici. Suo il libro “The Plastic Paradox”, che può essere scaricato gratuitamente da Internet, e che contiene tante informazioni verificate e soprattutto il metodo corretto per affrontare le problematiche ambientali legate all’uso dei materiali plastici.

A lui abbiamo posto alcune domande sulle campagne mediatiche contro le materie plastiche, sui dati scientifici e su tante altre cose.

Chris De Armitt, scienziato e divulgatore
Chris De Armitt, scienziato e divulgatore

Chris DeArmitt, da cosa è nata la sua scelta di fare chiarezza sulle informazioni che circolano a proposito delle materie plastiche e del loro impatto negativo sull’ambiente?

Ho scoperto che le mie due figlie a scuola venivano disinformate riguardo alla plastica. Come scienziato, so bene che non possiamo compiere progressi sulla base di cattive informazioni. Sono andato a fondo e ho scoperto che gli insegnanti, il pubblico e i politici non avevano un luogo dove potessero guardare alla scienza in un modo tale da comprenderla. La mia soluzione è stata quella di impegnare 1.500 ore non retribuite nella lettura di circa 3.000 articoli scientifici e di mettere a disposizione gratuitamente i risultati.

Un tempo le plastiche venivano indicate come il materiale più utile e moderno. Oggi molti pensano che sia solo fonte di inquinamento.  Qual è l’origine di questo cambiamento di percezione?

Penso che vi siano due cause alla radice di questa errata percezione della plastica. Innanzitutto, tra il 1960 e il 2013 la quantità di plastica presente nei rifiuti domestici è aumentata di 84 volte. Il pubblico si è accorto di questa enorme crescita e ha avuto la percezione che i rifiuti di plastica stessero andando fuori controllo. Tuttavia, ciò di cui il pubblico non si è reso conto è che la plastica nel complesso ha consentito una massiccia riduzione dei rifiuti perché 1 kg di plastica sostituisce 3-4 kg di altri materiali come metallo e vetro.

Il secondo motivo è che i gruppi ambientalisti hanno deciso di demonizzare la plastica con potenti campagne di marketing. Qualcuno insinua che il vero obiettivo non sia la tutela dell’ambiente ma piuttosto la raccolta di donazioni.

Quali criteri e quali fonti può utilizzare un cittadino per informarsi in modo corretto sulle materie plastiche e sul loro reale impatto sull’ambiente?

L’unica fonte indipendente a me conosciuta che copre tutti gli argomenti, tra cui i materiali, i rifiuti, la plastica negli oceani, le microplastiche e il degrado, è il sito plasticsparadox.com. È scientificamente provato che i media oggi non presentano i fatti. Il loro obiettivo è scrivere storie drammatiche per attirare i lettori, non presentare correttamente la verità.

Perché, nonostante tutto quello che circola in rete sulle plastiche, queste sono ancora la scelta migliore?

L’unico modo per conoscere davvero ciò che ha meno impatto sull’ambiente è l’analisi del ciclo di vita (LCA). Si tratta di un metodo accettato a livello globale, standardizzato e sottoposto a revisione paritaria. Guardando i risultati di studi LCA indipendenti scopriamo che la plastica di solito rappresenta la scelta più verde comprovata, quindi sostituirla aumenta i danni, l’anidride carbonica, i rifiuti e così via. Ad esempio, ci sono 26 studi LCA in tutto il mondo sui sacchetti della spesa e tutti concludono che il normale sacchetto in PE è quello che causa meno danni, quindi vietarli o tassarli è una scelta sbagliata. Parlando di cannucce, l’opzione più verde è nessuna cannuccia, ma se è necessaria una cannuccia, la cannuccia di plastica è quella che provoca il minimo impatto; inoltre può essere riutilizzata almeno 100 volte. Dobbiamo ricordare che nessuno ci impone di smaltire un oggetto dopo un solo utilizzo. Monouso o meno è una nostra scelta. Più si usa un oggetto, più questo diventa verde.

Cosa pensa delle aziende che riducono o eliminano le plastiche dai loro prodotti e dagli imballaggi?

L’analisi del ciclo di vita mostra che nella maggior parte dei casi la sostituzione della plastica aumenta i danni. In un recente rapporto si legge che i dirigenti dei supermercati lo sanno, ma sostituiscono la plastica con alternative peggiori, come la carta, perché i loro clienti disinformati chiedono loro di farlo. Questo è il motivo per cui è così vitale che il pubblico disponga di informazioni solide.

Quale ruolo può interpretare il riciclo nell’attuale industria delle materie plastiche?

Sappiamo che oltre il 90% della plastica può essere riciclato meccanicamente. Dagli studi LCA sappiamo anche che è una scelta verde. Il problema è che è difficile fare profitti riciclando la plastica, quindi i riciclatori falliscono. Si stanno adottando misure per migliorare l’economia in modo che i tassi (di riciclo) aumentino.

Che cosa pensa dei biopolimeri e del loro utilizzo industriale?

I nuovi tipi di biopolimeri sono spesso più costosi, meno performanti e meno verdi delle plastiche a cui siamo abituati. Quindi, non li considero come la risposta. Invece, le plastiche esistenti come PE, PP, PET e nylon possono essere ottenute da materie prime bio-based. Questo è il percorso più verde, che sta già guadagnando una grande attrattività commerciale.

Come possiamo difenderci dalla pratica del greenwashing?

Il greenwashing è il modo in cui le persone presentano soluzioni per fare soldi invece di presentare una soluzione verde scientificamente provata. Il modo per evitarlo è guardare alla scienza e diffondere i dati in modo che il pubblico veda che la scelta è corretta.

Che cosa possono fare le associazioni industriali del settore per difendere e valorizzare l’utilizzo delle plastiche in tante applicazioni?

Negli Stati Uniti vedo che le associazioni della plastica stanno facendo poco o nulla per affrontare questo problema. Non si sono prese il tempo di trovare la risposta nella scienza e di diffonderla al pubblico. Altri paesi come il Regno Unito e l’Italia stanno facendo un lavoro migliore. Ho raccolto tutte le prove, ma senza aiuto non riesco a raggiungere efficacemente un numero di persone abbastanza ampio da educare il pubblico e i politici.

Quale futuro attende le materie plastiche? Sapremo trovare il giusto equilibrio tra sviluppo industriale e salvaguardia dell’ambiente?

Solitamente le materie plastiche sono la scelta più verde, quindi hanno un futuro luminoso. Riducono l’uso dei combustibili fossili, riducono drasticamente la CO2 e i rifiuti, e consentono di mantenere il nostro moderno stile di vita.

a cura di Paolo Spinelli