L’industria del baby care, unita alla più recente del baby tech, mostra da dieci anni un tasso di crescita costante. In aumento il numero dei prodotti destinati all’infanzia realizzati in materiale plastico. Vivace il mercato asiatico, stabile quello europeo: numerosi i fattori (natalità, benessere ecc.) che incidono sullo sviluppo.
Il consumo mondiale di polimeri per il settore del baby care ha raggiunto 2,50 milioni di tonnellate nel 2016 con un tasso di crescita medio annuo del 4,9% medio annuo nell’arco dell’ultimo decennio (vedi figura 1). Il consumo mondiale di polimeri per il settore del baby care ha raggiunto 2,50 milioni di tonnellate nel 2016 con un tasso di crescita medio annuo del 4,9% medio annuo nell’arco dell’ultimo decennio (vedi figura 1).
Si tratta di un mercato in crescita abbastanza costante, se pur moderata, spinto da una serie di fattori, tra cui non trascurabile la crescita del baby tech; più che di solo baby care (riferito in particolare alla cura e alimentazione del neonato) in effetti sarebbe più corretto parlare oramai di un’industria del baby care/baby tech (che comprende le aree lifestyle e technology). Sostanzialmente il settore in oggetto si può dividere in tre macro sottosettori:
- cura e nutrizione (rientra nel baby-care tradizionale): tiralatte e accessori, biberon e tettarelle, scaldabiberon e sterilizzatori, starter e set regalo per bambini, tazze antigoccia, succhietti, vasini e sedie vasino, orinatoi, vaschette bagno, pannolini, ecc. I pannolini usa e getta, nati intorno al 1960, hanno subito poi una serie di innovazioni, tra cui l’uso oltre che di polimeri superassorbenti (gel chimici o poliesteri termoplastici di origine naturale quale l’acido polilattico), anche di altri polimeri quali polietilene e polipropilene;
- trasporto (rientra anch’esso nel baby care tradizionale): componenti di carrozzine e passeggini (in poliestere, spalmati di poliuretano, rivestimento di cuscini in materiale siliconico: recentemente sono state lanciate sul mercato carrozzine in EVA), parapioggia in PVC, seggiolini e seggioloni trasportabili (per l’ora della pappa o da spostare a seconda delle necessità), kit adattatore di seggiolini auto, ombrellini parasole, accessori vari;
- dispositivi elettronici (baby tech): baby monitor che si attaccano ai pannolini del neonato per rilevarne i movimenti; monitor per sorveglianza e controllo del sonno del neonato, sensori pianto bambino per controllo a distanza, baby monitor doppler in ABS per controllo battito cardiaco del bambino, monitor della temperatura dell’ambiente in cui si trova il neonato su tutto l’arco della giornata, altri audio e video baby monitor per consentire ai genitori di essere vicini al proprio bambino anche a distanza. Sono esclusi gli smartphone di collegamento, in quanto compresi nel più ampio settore dell’elettronica in generale.
Dei tre macrosettori individuati, il consumo di plastica è concentrato attualmente ancora in prevalenza nel baby care (vedi tabella 1), ma è il settore del baby tech quello che registra, e continuerà a registrare anche in futuro, i maggiori tassi di crescitaIl mercato di maggiori dimensioni è quello asiatico (vedi tabella 2), di cui la Cina rappresenta il 63% (vedi tabella 3). Il mercato del baby tech è in forte crescita soprattutto negli USA, dove nasce ogni anno solo circa il 5,5% del numero totale bambini nati nel mondo (circa 4 milioni su circa 73 milioni), ma dove la spesa pro capite per prodotti per l’infanzia (baby care, baby tech, baby food, prodotti per cosmesi, ecc) è tra le più elevate al mondo: circa 141 $, contro i circa 55 $ pro capite della Cina, dove però nel 2016 sono nati circa il 25% del totale bambini nati in quell’anno nel mondo.Piuttosto stagnante il mercato europeo, mentre diversi paesi dell’America Latina, Brasile compreso nonostante il protrarsi della generale crisi economica in atto, registrano trend di crescita positivi, anche se moderati.
Evoluzione del mercato
Nel formulare delle previsioni sul futuro dei consumi di plastica per la produzione di articoli per il baby care, vanno tenuti presenti una serie di fattori che possono giocare un impatto sulla domanda stessa:
- da un lato va considerato che in generale, soprattutto nei paesi industrializzati, ma anche in alcuni paesi emergenti, il tasso di natalità resta basso: in linea di massima i tassi di natalità più elevati si registrano ancora per la maggior parte in Africa e America Latina (vedi alcuni dati di confronto in tabella 4). Per esempio in Italia, uno dei paesi a più basso tasso di natalità, nel 2015 sono nati solo 488.000 bambini, segnando un minimo storico, con un calo del 2,9% rispetto al 2014. Negli USA nascono mediamente ogni anno circa 4 milioni di bambini; in Cina nel 2016 sono nati 18,5 milioni di bambini, di cui circa il 46% secondi figli, grazie alla nuova politica del Governo Cinese di permettere / favorire la nascita di un secondo figlio a differenza della precedente politica del “figlio unico”;
- i pochi nati sono sempre più coccolati e “iperconnessi” già da quando sono in culla: in particolare sono in continuo aumento oggetti tecnologici e dispositivi di monitoraggio (monitor con varie funzioni di controllo, lampadine led dotate di microfono che registrano il pianto del neonato, ecc): aumenta quindi in generale la spesa “pro capite” per prodotti per l’infanzia; la crescita del canale di vendita “e – commerce” che consente una visualizzazione rapida degli articoli disponibili sul mercato e un rapido acquisto a prezzi scontati, è un ulteriore fattore che non può che favorire il mercato;
- la plastica è sempre più utilizzata nella produzione di articoli per l’infanzia come materiale alternativo a materiali tessili, metallo, legno.A livello globale il consumo di materie plastiche per l’industria del baby-care/baby-tech è previsto crescere ad un tasso medio annuo del 5,1%, leggermente superiore a quello registrato nell’ultimo decennio, per arrivare ad attestarsi a 3,05 milioni di tonnellate nel 2020.
Il settore destinato a registrare il maggior incremento dei consumi di plastica sarà ancora quello del baby–tech con tassi di crescita a due cifre (vedi tabella 5), la cui percentuale sui consumi totali passerà dal 18,8 % del 2016 al 22,6% nel 2020. I pannolini monouso beneficeranno dell’avvento di innovative tecnologie di riciclo dei medesimi (vedi più avanti: aspetti relativi alla sicurezza delle plastiche negli articoli per baby-care).
Cina e India in prima fila I paesi a maggior tasso di crescita saranno alcuni paesi appartenenti alle aree “emergenti” (vedi tabella 6), in particolare quelli dove un buon tasso di natalità si abbina ad una più rapida crescita del reddito disponibile, che permetta ai genitori di adeguarsi agli stili di vita occidentali nella cura del proprio bambino. Tra questi in particolare si distingueranno:
- Cina: dopo una crescita dei consumi di plastica per la produzione nazionale di articoli per il baby-care/baby-tech dell’ordine dell’ 11% medio annuo tra il 2010 e il 2016, è prevista una crescita del 12% medio annuo nei prossimi anni, favorita fra l’altro dalla recente apertura del Governo Cinese al secondo figlio: anche il consumo di pannolini , ormai statico nelle aree geografiche industrializzate, negli ultimi cinque anni in Cina è all’incirca raddoppiato;
- India: il miglioramento degli stili di vita, il tasso di natalità fra i più alti nell’area asiatica, faranno da traino al mercato;
- Indonesia: il buon tasso di natalità, unito ad una crescente disponibilità e varietà sul mercato di articoli per il baby care – baby tech sono una premessa favorevole per una crescita sostenuta;
- Vietnam: anche qui il rapido miglioramento del tenore di vita medio soprattutto nelle grandi città quali Hanoi o Ho Chi Minh sono presupposti favorevoli;
- Turchia: si conferma il mercato più dinamico nell’area medio – orientale.
In controtendenza il Giappone, dove si prevede che nei prossimi anni in numero di bambini tra 0 e 4 anni nel paese diminuisca del 12 – 13%. Moderata in generale la crescita negli altri paesi asiatici, soprattutto in Sud Corea, uno dei paesi a più bassa natalità, dove l’unico traino al mercato degli articoli in plastica verrà dal settore premium e baby tech, e in Malaysia, in relazione al calo delle nascite e al crescente costo della vita, abbinati al fatto che molte donne nel paese sonno sottoposte a ritmi di vita particolarmente stressanti, che non favoriscono una cura del proprio bambino assimilabile agli stili di vita occidentali.
Nei Paesi Arabi del Golfo la generale tendenza ad un calo delle nascite è in parte compensato da una crescente educazione delle donne da parte dei Governi locali per quanto riguarda la cura del bambino: inoltre gli stessi Governi favoriscono investimenti da parte di società estere, tramite una serie di incentivi, per la produzione nei loro paesi di articoli per il baby care – baby tech.
Un mercato che ha buone probabilità di mostrare un’inversione di tendenza rispetto agli ultimi anni, caratterizzati da una situazione di stasi / recessione, è quello russo, in relazione alla ripresa generale dei consumi nel paese, unita ad una speciale predisposizione delle giovani mamme russe alla cura dei propri bambini, anche se il tasso di natalità nel paese non è tra i più elevati.
In America Latina i paesi con le migliori prospettive di crescita si confermano Brasile, Perù, Messico e Colombia.
In Africa, i tassi di natalità ancora generalmente elevati si scontrano però, in molti paesi, con redditi pro capite ancora non abbastanza elevati da garantire un sostanziale aumento della produzione e consumi di articoli per baby care – baby tech; il potenziale di crescita per diversi paesi dell’ Africa sub-sahariana resta comunque elevato, anche se ancora di difficile identificazione.
L’impatto ambientale dei pannolini
I pannolini usa e getta, ancora ben più usati rispetto agli alternativi pannolini lavabili, rappresentano una voce non trascurabile in termini di impatto ambientale, considerando l’elevato consumo a livello mondiale: in Italia, per esempio, si consumano ogni anno all’incirca 2,2 miliardi di pannolini, circa 3 miliardi nel Regno Unito, e ben 16 miliardi negli USA. Queste sono solo alcune cifre indicative dell’enorme uso di pannolini per bambini, anche se in generale nei paese “emergenti” il consumo pro capite è ben inferiore a quello dei paesi industrializzati.
Si ritiene che circa il 19% dei rifiuti urbani solidi prodotti ogni anno sia costituito proprio da pannolini usa e getta, per la cui produzione si usano, a livello mondiale, circa 3,5 – 4 milioni di tonnellate di olio combustibile, oltre ovviamente alla polpa di legno (cellulosa). Sono ancora pochi gli impianti nel mondo, ma in aumento, che consentono di riciclare i pannolini: tali impianti permettono il riciclo di pannolini, pannoloni e altri articoli a base di polimeri superassorbenti: tali impianti consentono di ottenere le cosiddette “materie prime seconde” cioè plastica (e cellulosa) di buona qualità che può essere re-immessa nel ciclo produttivo; non solo, ma ciò permette di ridurre in maniera consistente i volumi di materiali da avviare in discarica, nonché le emissioni di anidride carbonica.Il settore dei pannolini verrà comunque esaminato più in dettaglio in un prossimo articolo che verrà pubblicato sui materiali superassorbenti, largamente utilizzati nella produzione di pannolini, e non compresi nelle statistiche qui considerate.
Biberon e sicurezza
Per quanto concerne i biberon, altro articolo particolarmente delicato in quanto viene a contatto con la bocca del bambino, una volta il materiale più utilizzato era il vetro, assolutamente sicuro sotto il profilo igienico, ma pericoloso in quanto fragile: oggi il vetro è ormai stato sostituito in gran parte da materiali plastici, in particolare il policarbonato, un polimero che presenta molti pregi, in quanto molto maneggevole e resistente agli urti, ma che contiene il BPA (bisfenolo A), sostanza ritenuta potenzialmente nociva. Nel 2008 il Governo Canadese ha decretato la messa al bando di tutti i contenitori realizzati in materiale plastico con la presenza di BPA, a partire appunto dai biberon.
La US FDA (US Food and Drug Administration) però da parte sua ha smorzato l’allarme, rassicurando i consumatori sulla sicurezza dei prodotti in commercio contenenti BPA, dando comunque l’avvio ad una serie di indagini in materia. A livello europeo la EFSA (Autorità Europea per la Sicurezza Alimentare) ha affermato che non esistono dati scientifici sufficienti per decretare la messa al bando del policarbonato contenente BPA. Gli studi effettuati in proposito sui rischi eventualmente derivabili dalla migrazione del BPA ponevano un limite di 0,05 mg / kg di peso corporeo di assunzione giornaliera tollerabile: si tratta di una soglia ben al di sopra dei quantitativi mediamente assorbiti da un normale numero giornaliero di poppate di un bambino. Esistono comunque materiali alternativi al policarbonato per la fabbricazione di biberon, materiali plastici BPA-free altrettanto resistenti quanto il policarbonato, quali il polipropilene o il polietersulfone (PES).
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