Le potenzialità dei materiali e delle tecnologie di cui oggi disponiamo sono notevoli, sia in termini di sostenibilità ambientale sia in termini di sostenibilità sociale, come alcuni esempi qui presentati mettono in evidenza. Non mancano spunti di innovazione anche con materiali al momento non ancora di grande diffusione.
La stampa 3D è innegabile che stia riscuotendo negli ultimi anni sempre più risonanza. D’altronde non mancano i successi di questa tecnologia, che sta sfidando anche i processi più tradizionali e i settori in cui la produzione è più complessa.
Tra questi settori è interessante osservare la rapida evoluzione nell’edilizia e nell’architettura, dove se parliamo di allestimento di interni certamente siamo già più abituati a pensare ad arredi e complementi prodotti con la stampa 3D. Decisamente ancora inusuale e che solleva un certo interesse è vedere invece soluzioni costruttive in cui sono letteralmente muri, fondamenta, tetti ad essere costruiti così. Naturalmente a seconda della parte costruttiva vengono scelti materiali per l’edilizia diversi, grazie proprio alla versatilità e alla rapidità con cui questa tecnologia si sta evolvendo. In alcuni progetti quindi prevalgono i materiali edili tradizionali, in altri progetti si utilizzano altri materiali.
Un negozio non solo per moda
Un esempio recente di uso innovativo della stampa 3D arriva da un negozio di accessori della moda situato in Regent Street vicino a Piccadilly Circus a Londra. Quel che colpisce in questo progetto è che qui anche la stessa tecnologia di produzione delle parti del negozio e delle merci è finita “in vetrina”.
La società AI Build ha infatti progettato con Bottletop e utilizzando una propria tecnologia, oltre che con l’impiego dei robot Kuka, un negozio per il brand della moda Bottletop che alla sua apertura appariva a prima vista più o meno usuale. Una volta entrati tuttavia, a parte le pareti in mattoni ricoperte da malta e intonaco, si scoprono subito dei primi elementi innovativi. Il pavimento è stato realizzato recuperando la gomma rilavorata di vecchi pneumatici, mentre dal soffitto pende una copertura in metallo realizzata recuperando migliaia di lattine che sono state inglobate in una struttura reticolare.
A queste particolarità si aggiunge la parte più inusuale, al momento una prima al mondo. Le semplici pareti in mattoni e malta sono state ricoperte nell’arco di alcuni mesi a negozio aperto. Un vero e proprio progetto in divenire, in cui la stampa 3D delle varie parti del negozio vengono prodotte al momento sul luogo con un filamento Reflow, derivato interamente da plastica riciclata. A progetto finito il negozio è stato realizzato con l’equivalente di 60mila bottiglie di plastica recuperate e riciclate come filamento.
L’intenzione di tutti i partner di questo progetto è di dimostrare come settori diversi possano incontrarsi e rispondere in modo positivo alla sostenibilità ambientale. La moda e l’edilizia certamente sono due ambiti che solitamente non si intrecciano uno nell’altro in modo così stretto ed entrambi hanno ancora da migliorare molto sulla sostenibilità ambientale. La realizzazione così particolare di questo negozio Bottletop mostra invece quante sono ancora le potenzialità inesplorate per entrambi i settori.
Unità abitative per i senzatetto
Tanti sono i progetti interessanti dal punto di vista della capacità di realizzare qualcosa di totalmente nuovo che risponda a criteri oggigiorno così importanti come la sostenibilità ambientale in tutte le sue forme, dai consumi di energia ridotti o azzerati, all’impiego di materiali riciclati e all’uso di tecnologie di produzione rapide di basso costo.
Tuttavia vi è anche un altro fattore molto importante che non possiamo più sottovalutare, specialmente se si parla di edilizia. In questo caso si tratta della crescente popolazione nelle grandi metropoli, ma non solo a dire il vero, che si trova senza una casa.
Tra i vari progetti venuti negli ultimi anni alla ribalta vi è Homed. Si tratta di un progetto inteso a dare un riparo a chi vive per le strade di New York. Ovviamente questo progetto da solo non è risolutivo, basti pensare che si stima che siano almeno 61mila le persone che a New York trascorrono la notte nei ricoveri a loro destinati, senza contare le migliaia di persone che utilizzano invece spazi pubblici, la rete metropolitana e le strade. Ideato da Andreas Tjeldflaat, fondatore dello studio norvegese di design e architettura Framlab, il progetto Homed è stato lanciato nel 2015 ed è ancora in corso, poiché si tratta di una soluzione abitativa che è esattamente sempre in divenire. Vediamo come. Homed utilizza spazi transitori, temporanei e solitamente inutilizzati come le pareti verticali dei palazzi. Tanto mancano infatti gli spazi orizzontali per nuove costruzioni, tante sono invece le pareti vuote dei palazzi newyorchesi. L’idea è di utilizzare le impalcature di ferro esterne preesistenti o di installarne di nuove alle pareti vuote, con funzione di struttura a cui fissare delle piccole unità abitative a forma di cella di nido d’ape, che una volta posizionate esteticamente richiamano un mosaico ad alveare. Questa installazione può variare sia nel modo in cui si posizionano tra loro le varie unità, sia nella quantità di unità che si installano, sia nella durata dell’installazione, che può infatti essere a breve o lungo termine o fissa.
Tuttavia per poter risultare realizzabile anche in termini di costi, il progetto Homed ha puntato sull’uso della stampa 3D. Ogni unità a nido d’ape viene realizzata a partire da un nucleo in policarbonato riciclato stampato in 3D. A questo vengono poi applicati diversi strati interni ed esterni in diversi materiali, a seconda della funzione che devono assolvere. Vengono quindi applicati al nucleo una struttura in alluminio prefabbricato, ulteriori strati protettivi e una finestra. Tutti elementi che vanno a rinforzare il nucleo in plastica e rendono l’unità abitabile. L’interno di ogni unità può poi essere attrezzata secondo la destinazione d’uso, per cui ogni alveare ha anche delle unità adibite a bagno e delle unità adibite a spazio sociale.
In finale si ha quindi una costruzione esterna in acciaio e alluminio che resiste alle condizioni ambientali della città, mentre andando verso l’interno vi è questo nucleo in policarbonato riciclato che viene poi rivestito con laminati in legno, creando un ambiente interno confortevole e accogliente. Poiché il nucleo in plastica è stampato in 3D, è possibile creare spazi funzionali e riconfigurabili secondo le necessità.
Le unità vengono montate una sopra l’altra. Naturalmente l’impalcatura che deve portare questa struttura alveolare deve essere attrezzata adeguatamente per poter sostenere il peso dell’intera struttura e delle singole unità e deve poter permettere l’accesso dall’esterno tramite scale. In questo senso lo studio Framlab sta lavorando anche a una impalcatura fatta apposta per questo tipo di uso, che sia di veloce e facile installazione e rimozione.
Queste unità abitative possono essere utilizzate tutto l’anno, in ogni condizione atmosferica, poiché resistono agli inverni gelidi e risultano accoglienti anche nelle estati torride. Questo grazie non solo ai diversi strati e materiali utilizzati per la cella, ma anche per la tipologia di vetro che viene utilizzato per la parte frontale dell’unità abitativa. Il vetro in PMMA è infatti composto anche da una sottile pellicola di diodi. Si può quindi avere una facciata che permette di far filtrare la luce all’interno nel momento in cui i diodi sono orientati in modo lineare (la luce viene trasmessa). Tra l’altro questo permette di vedere all’esterno. Oppure i diodi possono essere orientati in modo casuale così da rendere la facciata semi-trasparente (la luce viene assorbita) e rende lo spazio interno non visibile da fuori. Infine, i vetri della facciata possono anche essere utilizzati, grazie alla pellicola di diodi, per comunicare un messaggio digitale a chi è all’esterno (pubblicità, informazioni ecc.).
Ogni unità abitativa può essere attrezzata con arredi, luci e apparecchiature.
Homed permette così di utilizzare spazi verticali solitamente inutilizzati e spazi anche ristretti dove altre soluzioni abitative, più tradizionali, non sono possibili.
Mattoni isolanti
Le tecnologie dei processi o dei materiali sono in continua evoluzione. Come visto queste permettono man mano di realizzare progetti che una volta non erano neanche immaginabili.
Sulle stesse note si muove una ricerca dell’ente di ricerca svizzero sui materiali e sulle tecnologie Empa.
Le ricerche nel settore dell’edilizia sono volte anche a raggiungere i più alti livelli di isolamento termico degli edifici. Maggiore è l’isolamento termico, minore sono i costi energetici. Per ottenere i massimi livelli di efficienza energetica, non si possono ovviamente inspessire a più non posso le pareti di un edificio. Tradizionalmente si applicano infatti strati di materiali isolanti. La ricerca di Empa ha puntato su altre soluzioni, osservando anche quello che è già in circolazione. Iniziano a essere utilizzati, infatti, anche delle tipologie di mattoni isolanti. Questi permettono in effetti di risparmiare su alcuni passaggi dei lavori di costruzione e di ridurre i costi. I mattoni isolanti sono un buon compromesso tra proprietà termiche e meccaniche e si prestano anche per edifici di più piani. Tra le tipologie disponibili al momento sul mercato vi sono quelli con camere d’aria multiple, altri hanno le cavità riempite con materiali isolanti come perlite, lana di roccia o polistirene. I loro valori di conducibilità termica variano a seconda della struttura e del materiale isolante utilizzato. Per raggiungere i livelli di isolamento termico solitamente possibili con gli strati isolanti tradizionalmente applicati ai muri è, tuttavia, necessario realizzare dei mattoni decisamente più spessi in confronto ai normali mattoni.
I ricercatori di Empa hanno quindi studiato una soluzione differente e al posto della perlite hanno utilizzato l’aerogel. Si tratta di un solido altamente poroso, con proprietà isolanti termiche molto elevate, che può resistere fino a 300°C. Per poterlo utilizzare come filler dei mattoni, i ricercatori hanno creato una sorta di impasto di particelle di aerogel. Questa soluzione può essere facilmente inserita nelle cavità del mattone e aderisce perfettamente all’argilla, senza più muoversi.
Sono stati eseguiti anche dei test e si è visto che Aerobrick, questo il nome che gli è stato dato, ha una conducibilità termica a una temperatura media di 10°C maggiore di un terzo in confronto al mattone riempito con perlite e con stessa struttura e dimensioni e spessori. Se poi confrontato con i mattoni tradizionali non isolanti, Aerobrick conduce il calore otto volte meglio.
Nonostante al momento Aerobrick risulti il migliore mattone isolante termicamente, vi è tuttavia il problema del costo che è ancora insostenibile. L’aerogel è infatti un materiale ancora dai costi proibitivi, ma ci si augura e ci si attende un ribasso del prezzo a medio termine.
Materiali per l'edilizia - Il progetto Homed dello studio Framlab per dare ricovero ai senzatetto a New York
Materiali per l'edilizia - L'ente di ricerca svizzero Empa ha messo a punto Aerobrick, un mattone isolante termicamente che utilizza come materiale isolante l'aerogel
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