L’industria tessile è uno dei pochi campi in cui l’equazione “naturale uguale sostenibile” può talvolta perdere validità. L’utilizzo di fibre naturali come cotone, lino o seta, comunemente percepite come eco-sostenibili, cela un alto impatto ambientale, comprensibile solo analizzando l’intero ciclo di vita del tessuto che va dalla produzione della fibra, alla filatura, tintura e tessitura. Basti pensare che per 1 chilogrammo di tessuto si consumano 2mila litri di acqua, si emettono 23 kg di gas serra e si utilizzano 4 kWh di energia. A ciò si aggiunge che, una volta giunti a fine vita, i tessuti naturali colorati sono difficili da riciclare, venendo quindi spesso accumulati nelle discariche o bruciati, con un grande spreco di risorse. La produzione di tessuti colorati è un processo molto inquinante, richiedendo oltre 98 mila miliardi di litri d’acqua ogni anno a livello mondiale e producendo scarti fluidi ad alta concentrazione di inquinanti, che richiedono un costo significativo per poter essere smaltiti in sicurezza. Su queste tematiche si è sviluppata la ricerca “Sustainable polyethylene fabrics with engineered moisture transport for passive cooling” del Politecnico di Torino e Massachussetts Institute of Technology (MIT). I ricercatori del Politecnico, assieme anche all’Istituto Nazionale di Ricerca Metrologica (INRIM), hanno potuto lavorare direttamente all’interno del polo tecnologico di Boston. Grazie ai processi di fabbricazione e alla modellazione computazionale chimico-fisica delle microfibre si possono ora rendere i tessuti tecnici più performanti e più sostenibili di quelli naturali.
L’impatto ambientale dei tessuti in fibre naturali è notevole anche durante il loro lavaggio, a causa della scarsa controllabilità delle caratteristiche chimiche e geometriche di queste fibre che porta a una richiesta energetica significativa sia in fase di lavaggio che di asciugatura. La struttura micro- e nano-porosa delle fibre naturali permette all’acqua o al sudore di entrare al loro interno, rendendo più difficile la diffusione dell’acqua e dunque aumentando i tempi d’asciugatura. Questo effetto è comunemente riscontrabile confrontando i tempi di asciugatura di una maglietta in cotone rispetto a quello di un capo sportivo, solitamente in PET o nylon. Allo stesso modo, se indossato durante l’attività fisica, un capo in fibre naturali non è in grado di trasportare efficacemente il sudore lontano dalla pelle e ne inibisce una pronta evaporazione, inducendo una sensazione di scarso comfort.
L’alternativa alle fibre naturali: i tessuti in polietilene
I tessuti in polietilene sono stati individuati come alternativa. Il polietilene è il materiale plastico con i più alti volumi di produzione al mondo (oltre 149 milioni di tonnellate all’anno) e si trova in oggetti di uso comune come imballaggi o contenitori alimentari, il più delle volte monouso. A conti fatti la produzione di tessuti colorati in polietilene ha un impatto ambientale inferiore del 60% rispetto a quelli in cotone. Le fibre in polietilene hanno basso costo, sono ultraleggere e la loro struttura può essere ottimizzata con precisione per modificarne le caratteristiche meccaniche, termiche e ottiche, ottenendo così elevata resistenza a rottura e abrasione e ottima dissipazione del calore. In aggiunta, i pigmenti colorati tipici dello “sporco” aderiscono con difficoltà alla superficie delle fibre in polietilene, grazie alla loro semplice struttura molecolare, risultando in proprietà antimacchia che ne semplificano il lavaggio a basse temperature. Il polietilene può essere lavato a freddo per dieci minuti, mentre il cotone richiede temperature più elevate per un’ora. Bassi tempi di permanenza dell’acqua nel tessuto prevengono, tra l’altro, l’insorgenza di colonie batteriche o muffe, allontanando così i cattivi odori. Tuttavia, utilizzando fibre in polietilene la colorazione del tessuto (bianco di norma) deve avvenire con un processo innovativo: i pigmenti, naturali o sintetici, vengono direttamente incapsulati all’interno delle fibre durante la loro forgiatura, evitandone così il rilascio durante il lavaggio. Non c’è infatti bisogno di immergere il tessuto in soluzioni chimiche per tingerlo. Si può fare a secco, aggiungendo il colore alla polvere di polietilene prima della trasformazione in fibra. Alla fine del ciclo di vita, si può fondere tutto, centrifugare e recuperare le particelle da riutilizzare.
Per migliorare il comfort del capo di abbigliamento, la ricerca si è concentrata sull’ingegnerizzazione delle proprietà di trasporto dell’acqua nel tessuto, caratterizzando l’effetto di diversi intrecci e ottimizzando la geometria delle fibre di polietilene. Agendo sul processo di fabbricazione, è possibile modificare le caratteristiche chimiche superficiali e la forma delle fibre, controllando la bagnabilità e le proprietà capillari finali del tessuto, ossia la sua capacità di assorbire e trasportare un fluido al suo interno. Le ottime prestazioni raggiunte dal nuovo tessuto studiato sono dovute alla capacità delle fibre di polietilene di trascinare l’acqua sulla loro superficie pur rimanendo impermeabili, quindi impedendo al fluido di insinuarsi all’interno delle fibre stesse. Nel caso di capi d’abbigliamento, ciò consente al sudore di essere efficacemente allontanato dalla pelle ed evaporare velocemente, dando un confortevole effetto di fresco sulla pelle.
Tutte queste proprietà rendono ideale l’uso di questo tessuto ove è richiesto un lavaggio frequente di grandi quantità, per esempio alberghi od ospedali, riducendo considerevolmente anche il consumo di energia. Altrettanto importante è che il polietilene vanta un semplice e assodato processo di separazione e riciclaggio industriale. Questo consentirebbe di creare nuovi capi anche da materiale riciclato.
Questa ricerca ha gettato le basi per ulteriori studi e sviluppi. Il prossimo studio, infatti, si focalizzerà sul combinare le proprietà capillari di questi innovativi tessuti con le loro proprietà ottiche. La forma geometrica delle fibre di polietilene determina come esse interagiscono con la luce solare (assorbimento o riflessione). In questo modo la microstruttura del tessuto potrà contribuire passivamente al controllo della temperatura del corpo, riscaldando o raffrescando il suo utilizzatore a seconda dei casi. Siccome le proprietà capillari e quelle ottiche sono determinate dalla forma delle fibre e dalla tessitura, si sta investigando l’effetto combinato di questi due fenomeni, con possibili applicazioni non solo in campo tessile ma anche industriale (es. dissalazione, scambiatori di calore, conversione di energie rinnovabili, filtraggio).
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